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DOTT.SSA ELISA VENEZIANI

DOTT.SSA ELISA VENEZIANI

PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
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DOTT.SSA ELISA VENEZIANI

Il ruolo della famiglia nel fenomeno del bullismo

11 Gennaio 2022

Grazie all’Associazione Progetto Carcere 663, ho spesso l’occasione di poter partecipare alla realizzazione di Progetti di prevenzione del Bullismo e del Cyberbullismo nelle scuole rivolti ad alunni, docenti e genitori.


Bullismo e cyberbullismo, è risputo, rappresentano un fenomeno in continuo aumento, con conseguenze importanti sul piano emotivo, comportamentale e relazionale, sia per le vittime di bullismo, che per i bulli stessi.
I fattori che contribuiscono alla manifestazione del fenomeno sono plurimi, riconducibili sia ad aspetti individuali, che di gruppo, che culturali. Oggi ho intenzione di soffermarmi sul ruolo che rivestono gli stili genitoriali nella genesi e nella gestione del fenomeno.


I modelli educativi genitoriali, infatti, hanno un ruolo fondamentale tra le possibili cause del bullismo sia che siano eccessivamente severi, sia che siano troppo permissivi. Se, infatti, si ricorre eccessivamente all’uso di punizioni fisiche il bambino percepirà la violenza come l’unico mezzo per fare rispettare le proprie regole. Se, invece, si lascia un’eccessiva libertà ai propri figli, non percependo i limiti oltre i quali i comportamenti non sono più consentiti, essi possono agire di conseguenza in maniera prepotente e prevaricatrice.
È stato visto che le vittime di bullismo, invece, presentano quadri familiari molto coesi e iperprotettivi nei loro confronti. Specialmente una stretta dipendenza verso la figura di attaccamento principale che ritarda l’autonomia necessaria per la gestione delle relazioni con il gruppo dei pari.
Ma la famiglia rappresenta anche il principale fattore di protezione contro bullismo e cyberbullismo.
I dati delle ricerche evidenziano che i principali fattori di protezione in grado di ridurre il rischio di esserne vittima oppure in grado di moderare gli effetti negativi sulla vittima sono in particolare un adeguato supporto sociale e familiare, nonché una relazione con i genitori positiva e aperta, caratterizzata da calore ed empatia.

Ma cosa possono fare i genitori per capire se proprio figlio è vittima di atti di bullismo?
Vi lascio alcuni consigli.
È importante essere pronti ad ascoltare proprio figlio, quando questi spontaneamente decide di raccontare ciò che sta accadendo a scuola. Tuttavia, a volte i ragazzi non si confidano spontaneamente con gli adulti, e tanto meno con i genitori, per diversi motivi legati al loro periodo di vita. È essenziale quindi essere in grado di cogliere alcuni segnali delle loro possibili difficoltà con i compagni, come lividi, graffi ingiustificati; oggetti personali frequentemente smarriti, rovinati o rotti; richieste di soldi o altri beni frequenti ed ingiustificate; frequenti mal di testa, mal di stomaco o altri malesseri di cui non si capisce l’origine (possono essere malesseri psicosomatici in risposta alle difficoltà vissute dal ragazzo); frequenti richieste di poter rimanere a casa da scuola o assenze ingiustificate; peggioramento del rendimento scolastico di cui gli insegnanti non capiscono i motivi.
La presenza di uno o più di questi segnali non significa automaticamente che vostro figlio sia una vittima di bullismo, ma possono essere dei campanelli d’allarme e potete utilizzarli come occasione per parlare con lui dei suoi rapporti con i compagni.

Cosa fare nel caso si colgano questi segnali?
È importante parlare con vostro figlio del problema, facendogli sapere che siete interessati, chiedendogli come crede che andrebbe affrontato, se ha già provato a fare qualcosa; pensate insieme a vostro figlio ad altre strategie possibili per fronteggiare le prepotenze e, soprattutto, incoraggiatelo a rivolgersi immediatamente ad un insegnante o ad un altro adulto presente a scuola. È altrettanto importante comunicare con gli insegnanti, in modo che si possa intervenire in maniera congiunta ed efficace.

Il bullismo ha conseguenze psicologiche sia sul breve che sul lungo termine, per cui è utile spesso rivolgersi ad un professionista che possa aiutare il ragazzo a superare le sopraffazioni riacquistando più sicurezza in se stesso, e a relazionarsi in modo più efficace.

Perché iniziare un percorso di supporto psicologico?

12 Dicembre 2021

“Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.”

(Lao Tzu)

Mi piace partire da questa metafora, per illustrare cosa significhi, in parte, intraprendere un percorso di supporto psicologico, poiché raccoglie alcuni concetti fondamentali.

Innanzitutto, il cambiamento. Tutti noi siamo soggetti, durante la vita, a numerosi eventi, interni ed esterni, che mettono a dura prova la nostra stabilità emotiva, talvolta facendo irruzione in modo improvviso e buttando all’aria ogni nostra certezza.  Ma il cambiamento fa parte della vita di ciascuno di noi, è insito nell’essere umano. Il percorso di consapevolezza che porta a comprendere il cambiamento e non a combatterlo, può rivelarsi un primo passo per stare meglio.

I diversi punti di vista. Spesso abbiamo la convinzione che il mondo corrisponda a come noi lo percepiamo. Prendere in considerazione il fatto, invece, che esistono diversi punti di vista, può rendere più flessibile anche il nostro modo di porci difronte agli ostacoli che la vita ci pone davanti.

La riscoperta. Così come un bruco non si aspetta di diventare una splendida farfalla, anche noi possiamo scoprire risorse e capacità che non ci saremmo immaginati di possedere, e che cavalcare l’onda del cambiamento può invece far emergere.

Il tempo. Variabile inequivocabile della nostra vita e indispensabile per il cambiamento, il tempo riesce spesso a dare un significato diverso alle cose. E concederselo, riconoscendone il suo aspetto soggettivo, che varia da persona a persona, significa anche concedersi nuove possibilità.

Un percorso psicologico è innanzitutto un percorso personale, in cui è la persona a rimanere il protagonista del proprio cambiamento. Può nascere da un momento di difficoltà della propria vita, di sofferenza emotiva, di particolare stress e/o di crisi relazionale, quando si sente la necessità di chiedere un aiuto esterno e professionale.
Ma può essere intrapreso anche da chiunque senta l’esigenza di conoscere meglio se stesso e le proprie risorse, per poterle potenziare e investire nel miglior modo per il proprio futuro, e da chiunque voglia migliorare alcune proprie competenze, personali o interpersonali  e voglia sperimentare nuove capacità, più utili ed efficaci, che possano aiutarlo a raggiungere meglio i propri obiettivi.

In ognuno di questi casi, e in altrettanti casi più specifici, mi propongo di accompagnare la persona in un percorso di “riscoperta” di se stessa, che porti ad una maggiore consapevolezza della farfalla che si trova dentro di sé.

Il supporto psicologico in Oncologia

20 Ottobre 2021

La malattia oncologica rappresenta un’interruzione dei progetti di vita sia di chi la vive in prima persona, sia di coloro che stanno accanto al malato.
Durante le diverse fasi della malattia e del percorso di cura si alternano emozioni differenti, si assiste a innumerevoli cambiamenti dal punto di vista fisico, morale e relazionale, e ci si può trovare di fronte ad ostacoli che appaiono insormontabili.

Il supporto psicologico può rivelarsi di grande aiuto per affrontare le difficoltà che caratterizzano quest’esperienza, così delicata e personale, offrendo uno spazio in cui poter condividere i propri vissuti e timori.

Avendo avuto la preziosa occasione di realizzare un Progetto rivolto a pazienti e accompagnatori in Oncologia (Progetto S.P.A. – Spazio Pazienti Accompagnatori), insieme a due care colleghe, ho potuto constatare quanto la condivisione sia importante per chi sta attraversando questa difficile fase di vita. Il confronto con persone che stanno vivendo o hanno vissuto situazioni simili, permette di sentirsi meno soli e rappresenta anche un utile modo per poter considerare punti di vista differenti dal proprio. Sentirsi liberi di esprimere i propri timori, le proprie difficoltà e sofferenze in uno spazio protetto, dove potersi sentire accolti e non giudicati risulta essere un supporto importante.

Progetto Affettività nelle Scuole

5 Agosto 2021

L’età preadolescenziale rappresenta una fase di vita molto importante in termini di responsabilizzazione. Durante questo periodo di vita si verifica un graduale distanziamento dalla famiglia orientato ad un’implementazione invece dei rapporti tra coetanei. Tali relazioni cominciano a cambiare forma, assumendo connotazioni sempre meno infantili e cominciano a nascere nuove modalità di espressione dell’affetto. Inoltre, da un punto di vista prettamente biologico, in questa fase di vita si assiste a diversi cambiamenti corporei e ormonali, che possono portare a confusione, incertezze e difficoltà nel riconoscere e gestire emozioni e sentimenti.
Ecco perché risulta essenziale educare all’affettività e alla sessualità i ragazzi e le ragazze che stanno affrontando questi numerosi cambiamenti: una maggiore conoscenza di tali cambiamenti e di se stessi, l’educazione all’aspetto relazionale ed emotivo, al rispetto di sé e dell’altro e alla capacità di riconoscere le proprie emozioni e di gestirle, è fondamentale per favorire una più responsabile scelta dei propri comportamenti in termini di affettività e sessualità.
L’informazione relativa a questi temi, infatti, rappresenta la chiave per aiutare ragazzi e ragazze a diventare degli adulti responsabili e maturi, capaci di relazionarsi nel rispetto proprio e altrui e di prendere decisioni utili per il loro futuro.

La scuola è il luogo dedito all’educazione e alla crescita, pertanto è il luogo giusto dove poter realizzare percorsi che permettano ai giovani di raccogliere diverse informazioni ed esperienze, come parti integranti e fondamentali di un’azione educativa più ampia e completa, che miri a fornire conoscenze e competenze in grado di favorire la costruzione di una propria identità e autonomia, e di coltivare relazioni interpersonali efficaci.

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Dott.ssa Elisa Veneziani Ordine Psicologi del Veneto n° 10460 P.IVA: 04725790234
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